Il “mai più guerra” di Papa Leone XIV
- Andrea Martella
- 18 mag
- Tempo di lettura: 3 min

Affacciandosi su Piazza San Pietro il giorno della sua elezione, Papa Leone XIV ha usato tra le prime parole – ripetuta poi diverse volte – quella che oggi più che mai è giusto usare: pace . E pochi giorni dopo, domenica scorsa, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, ha voluto ribadire, “nell'odierno scenario drammatico di una guerra mondiale a pezzi, come più volte ha affermato Papa Francesco... l'appello sempre attuale: Mai più la guerra! ”.
È estremamente significativo che il nuovo Pontefice abbia voluto rivolgersi ai grandi del mondo, sfidando anche una certa tendenza imperante all'assuefazione, all'indifferenza, questa esortazione. Accompagnandola con l'indicazione di come si deve procedere lungo la strada in grado di condurre alla soluzione delle due crisi più gravi in corso.
Da una parte facendo il possibile per giungere “a una pace autentica, giusta e duratura ” che ponga fine alla guerra in Ucraina. Dall'altra – dicendosi profondamente addolorato per quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza – lavorando a un immediato cessate il fuoco che consente di prestare soccorso umanitario alla stremata popolazione civile palestinese e di arrivare alla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas.
Gli ostacoli che però si frappongono a questi esiti auspicati sono molti e essenzialmente a due nomi.
Putin, che non appare realmente interessato a fermare il conflitto e ad avviare veri negoziati fino a quando non sentirà di aver raggiunto i suoi obiettivi imperialistici.
E Netanyahu. Il peggior primo ministro israeliano di sempre, preoccupato più di ogni altra cosa di sfuggire alle inchieste sul suo operato e di mantenere il potere, e che per questo ha scatenato una guerra criminale, “caratterizzata da un'atrocità e disumanità che è sotto gli occhi di tutti”, andando “ben oltre i limiti del diritto di difesa, facendo stragi di civili e distruzioni immani”.
Sono parole, queste, di Liliana Segre, che dopo aver definito “mostruoso” il fanatismo teocratico e sanguinario di Hamas ha aggiunto di provare una “repulsione profonda” verso l'attuale governo e verso la destra estremista e iper-nazionalista al potere in Israele. Un governo e una destra che ora puntano all'occupazione di Gaza e alla deportazione di massa della popolazione palestinese.
È evidente che le ragioni esistenziali di Israele non possono non essere comprese e sostenute. Ma è altrettanto evidente che non si può tacere e restare inerti, in silenzio, di fronte ai crimini perpetrati da Netanyahu, che ha violato sistematicamente il diritto internazionale e ha calpestato, ancor più da quando gode della piena copertura di Trump, ogni principio di umanità e di moralità.
E invece è proprio in un imbarazzato e imbarazzante silenzio che resta da mesi il governo italiano, senza proferire una sola parola di condanna del governo di Tel Aviv, senza nemmeno discutere del riconoscimento dello Stato palestinese, senza considerare le pronunce della Corte penale internazionale su Netanyahu.
Se è vero, come è vero, che di fronte allo sconvolgimento degli equilibri mondiali multilaterali e al ritorno di vecchie e pericolose logiche di potenza l'Europa è chiamata a “svegliarsi” ea reagire unita , tra i suoi obiettivi deve esserci proprio questo: voce conquistare e svolgere un ruolo attivo nello scenario mediorientale.
Per procedere finalmente verso l'affermazione dei due diritti che devono essere riconosciuti in quella terra così martoriata. Quello del popolo palestinese a vivere in uno Stato libero e sovrano, lo Stato di Palestina, riconosciuto dalla comunità internazionale. E quello del popolo israeliano di continuare a vivere democraticamente e in sicurezza, senza che nessuno neghi allo Stato di Israele il diritto di esistere.
Affinché l'appello alla pace di Papa Leone XIV e il suo “mai più guerra” possano conquistare quella concretezza di cui il mondo ha estremo bisogno.


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