Una Manovra ragionieristica e rinunciataria
- Andrea Martella
- 1 giorno fa
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Dovendo scegliere due parole che definiscano la Legge di Bilancio per il 2026 presentata dal Governo, a dire che è ragionieristica e rinunciataria di certo non si sbaglia. La Manovra arrivata all’esame del Senato è infatti senza coraggio, non affronta i nodi strutturali del Paese e rinuncia, come quelle che l’hanno preceduta, a dare risposte alle famiglie, ai lavoratori e ai territori.
L’Italia cresce meno dell’Europa, la produttività resta ferma, i salari non recuperano il potere d’acquisto perso e la povertà continua ad aumentare. In questo contesto serviva una scelta forte, una visione capace di rimettere in moto la crescita e di restituire fiducia. Il Governo Meloni, invece, ha scelto la via dell’austerità, piegandosi ai vincoli contabili e alle agenzie di rating – contro cui la premier inveiva demagogicamente quando era all’opposizione – come se il destino di milioni di italiani fosse una voce di bilancio.
Con appena 18,7 miliardi di interventi, questa è la Manovra più debole degli ultimi dieci anni. Le poche risorse vengono disperse in mille rivoli e il risultato è sotto gli occhi di tutti: impatto nullo sulla crescita, nullo sui consumi, addirittura negativo sugli investimenti. La pressione fiscale rimane al 42,8% del PIL, il livello più alto dal 2015, e il tanto sbandierato taglio dell’Irpef è un’illusione: vale meno di 3 miliardi, a fronte dei 25 che i lavoratori e i pensionati hanno perso con il fiscal drag e continueranno a perdere ogni anno. I benefici andranno soprattutto ai redditi più alti, mentre al ceto medio e ai redditi bassi resteranno le briciole. Intanto, si ripropone una nuova “rottamazione” delle cartelle esattoriali: un condono mascherato che costa miliardi e premia chi non paga le tasse, caricando ancora una volta il peso su chi le ha sempre pagate.
Mentre l’età pensionabile aumenta, sul lavoro le misure sono frammentate e marginali. Nulla che affronti davvero la questione salariale, la precarietà o la produttività. E lo stesso vale per la sanità, dove gli stanziamenti aggiuntivi non bastano nemmeno a coprire il fabbisogno delle Regioni. Il Fondo sanitario nazionale scenderà sotto il 6% del PIL, e questo significa tagli ai servizi, ospedali in difficoltà e nuovi costi per i cittadini.
In Veneto la situazione è già evidente: liste d’attesa infinite, personale sanitario ridotto all’osso, pronto soccorso in sofferenza, un progressivo arretramento della sanità pubblica a vantaggio del privato. Una realtà che conoscono bene migliaia di famiglie venete costrette a pagare di tasca propria visite ed esami o a rinunciarvi del tutto. Ma anche il nostro tessuto produttivo, fatto di piccole e medie imprese esportatrici, subisce gli effetti di una politica economica che rinuncia a guidare il cambiamento. Mentre crescono i costi dell’energia e le tensioni sui mercati internazionali, non c’è traccia di una vera politica industriale che accompagni la transizione ecologica e digitale, né di misure per difendere le filiere del Made in Italy più esposte alla crisi dei dazi.
Insomma, è una Manovra che guarda ai conti, non al futuro. È l’immagine di un Paese che galleggia, che si rassegna alla stagnazione e alla disuguaglianza. Un’Italia che taglia sul welfare ma aumenta le spese militari, che condona chi evade ma non sostiene chi lavora, che rinuncia a investire su sanità, scuola, casa e trasporti.
Il Partito Democratico propone una strada diversa: una riforma strutturale del fisco per sterilizzare il fiscal drag e restituire potere d’acquisto ai redditi da lavoro e pensione; rafforzamento della contrattazione collettiva per un lavoro di qualità e sicuro; più risorse per la sanità pubblica, la scuola, le città, la casa e i trasporti locali; un piano industriale verde e digitale per sostenere imprese e occupazione, a partire da territori come il Veneto, dove la forza produttiva deve tornare a essere un motore di sviluppo di qualità.
Tenere i conti in ordine è giusto. Ma se non si fa crescere il Paese, non si mette in sicurezza nemmeno il debito. Servono scelte coraggiose, non un bilancio di sopravvivenza. Questa Manovra non è all’altezza delle sfide che l’Italia ha di fronte.
Noi continueremo a batterci per cambiarla, in Parlamento e nel Paese. Con lo stesso impegno, con la stessa determinazione, con cui in queste due settimane che ci separano dalle elezioni regionali spenderemo ogni energia per assicurare al Veneto un futuro più giusto, moderno e sostenibile.


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